Pensare oltre una dislessia educativa significa reinvestire su valide didattiche per imparare a leggere e scrivere, e metodi di studio efficaci, e smettere di cercare l’errore, come deficit funzionale degli alunni.
Difficoltà sociali, difficoltà di apprendimento, di formazione di relazione.
Perchè l’educazione, la formazione e l’istruzione riguarda tutti ed è patrimonio vitale per il futuro del singolo individuo come di un’intera civiltà.
Riportiamo la testimonianza di una insegnante di scuola primaria con esperienza trentennale, che ha partecipato recentemente a due corsi di aggiornamento e formazione riguardanti i DSA (Disturbi specifici dell’apprendimento) che oggi sono un crescente preoccupante fenomeno sociale; ci insegna a pensare oltre la dislessia educativa (causata da errati metodi didattici per imparare a leggere), dando attenzione invece alla qualità dell’educazione e formazione nel rispetto dell’unicità dell’individuo, dei suoi tempi e dei suoi talenti.
“Durante i miei 25 anni di insegnamento ho visto bambini che avevano difficoltà di vario tipo: problemi nell’imparare a memoria filastrocche, tabelline, che invertivano o confondevano suoni simili, che erano lenti nel leggere o nel fare calcoli…
Con molta pazienza, mettendomi in discussione come insegnante, proponendo loro esercizi mirati, plastilina, oggetti e utilizzando per ogni età un linguaggio a loro comprensibile, un dizionario per le parole di non immediata comprensione, una metodologia di studio funzionante, giochi didattici, ogni alunno è sempre riuscito a raggiungere gli obiettivi prefissati nella programmazione didattico-educativa.
Non concordo con quanto affermano alcune correnti spichiatriche, che un bambino se, alla fine della prima elementare o a metà della seconda, non acquisisce gli strumenti di base, va segnalato. Ma dove è scritta questa cosa? I bambini non sono robot! Ognuno ha il suo ritmo di tempo: quello su cui mettere l’accento è che un bambino interiorizzi e comprenda le conoscenze, acquisisca di conseguenza le abilità al fine di essere competente e in grado di mettere in pratica. Non ho mai dispensato nessun bambino dall’uso della lettura, mettendo al suo posto il computer; il bambino numerose potenzialità e abilità, sta a noi insegnanti tirargliele fuori. Perché si insiste sul ridurre tutto a cause psico-fisiche e non didattiche? Anche noi insegnanti possiamo sbagliare! Da molti anni a questa parte si assiste ad un declino dell’istruzione e dei valori tradizionali e sono questi che noi dobbiamo ristabilire.
Ricordiamoci una cosa: come eravamo noi da piccoli? Se un bambino ha difficoltà a scuola ciò potrebbe essere dovuto al fatto che è molto creativo, o molto intelligente, che la didattica o l’insegnante di quella scuola non sono valide ed efficaci agli apprendimenti, o potrebbe avere difficoltà nell’ambiente che lo circonda in famiglia, con i compagni e ha bisogno di aiuto e comprensione in modo che questo non comprometta il rendimento scolastico. Tutti i bambini del mondo possono avere delle difficoltà a scuola; chi non ne ha mai avute? Le difficoltà non sono malattie”.